martedì 9 aprile 2013

Far amare la Classica? Basta insegnarla...con Amore!

Nell'ultimo concerto che abbiamo tenuto con la nostra Orchestra della Compagnia degli Artisti, sono rimasto decisamente colpito dal numero di persone che hanno affollato la chiesa-santuario di San Ciro in Portici durante l'esecuzione dello Stabat Mater di Pergolesi. Con questo scritto non voglio certo magnificare il nostro lavoro, ma solo evidenziare quanto la gente abbia bisogno di cultura. E quanto ha bisogno che la cultura le venga spiegata.
La chiave del nostro successo, dell'affetto che le persone iniziano a nutrire nei confronti della nostra formazione orchestrale, sta forse proprio nel modo in cui noi facciamo Classica: la spieghiamo. 
Alcuni puristi, quelli della vecchia scuola, mi contesteranno affermando che l'opera d'arte va eseguita da capo a fondo e vissuta nel suo complesso, non va interrotta, secondo quelle convenzioni ottocentesche che erano in auge quando esisteva il "golfo mustico", o meglio, quando il pubblico era formato da persone le quali tutte avevano un pianoforte in casa, almeno un figlio che studiava musica e arrivavano al concerto conoscendo già l'opera. 


Oggi, l'impreparazione della gente ad affrontare l'ascolto di questo tipo di repertorio ci impone di cambiare rotta. E' dovere di noi artisti innanzitutto educare il pubblico, prima, durante e dopo il concerto. Per spiegare l'opera bisogna quindi sezionarla per cercare di farla comprendere nei suoi molteplici componenti. Ma certo bisogna saperlo fare, con perizia ed anche simpatia. Fermare ad esempio un'opera complessa come lo Stabat Mater e spiegarlo con un sermone interminabile e ricco di citazioni tecniche, non farebbe altro che allontanare ancora di più le persone da questo tipo di repertorio. Bisogna quindi saperle interessare, facendo leva su quelle che sono le loro curiosità, le loro domande e sottolinenado la presenza nell'opera musicale, di quei valori, emozioni, sentimenti comuni a tutti gli uomini, che per questo rendono alcuni capolavori della Classica immortali. 


E confesso che la soddisfazione più grande per noi è proprio quando, dopo il concerto, si avvicina qualche  giovane che ti prende le mani e ti ringrazia per avergli fatto capire l'opera, per averlo indirizzato verso la comprensione, la ricezione dell'arte delle note. 
Inoltre, con questi grandi eventi pubblici, abbiamo l'occasione di far vedere come la nostra terra meridionale sia madre di cultura, che i suoi abitanti non sono dediti esclusivamente al male, ma che sono in grado di creare bellezza, arte, cultura e con esse speranza di riscatto, capacità di realizzare il sogno di vedere nuovamente i nostri luoghi citati per la loro ricchezza umana e per la maestria dei nostri giovani. 
Nel Settecento, epoca in cui scriveva Pergolesi e gli altri grandissimi compositori della Scuola Napoletana, Napoli era la capitale europea della musica. 
Noi con questi nostri eventi gettiamo semi di cultura. Se anche uno solo dei nostri spettatori, tornando a casa, incomincerà ad ascoltare qualcuno di questi grandi compositori, se indirizzerà figli o nipoti verso lo studio di uno strumento, ma anche se solo si sentirà internamente arricchito dalla nostra musica, allora il nostro lavoro avrà raggiunto l'obbiettivo prefissato.
Abbiamo però bisogno dell'aiuto di tutti in questa nostra battaglia per l'arte, continuate a seguirci numerosi e diffondete con noi la cultura.

Leopoldo Fontanarosa
direttore d'orchestra